.:Scritti:.


.:Scritti della Principessa Sissi:.

Sissi amava la poesia e in particolare adorava il poeta Heinrich Heine di cui studiò ogni opera e si interessò per fino della vita. L'imperatrice, avvicinatasi al compimento dei cinquant'anni, nel momento culmine in cui la vita la insoddisfaceva e la sua famosa bellezza si stava perdendo, decide di cominciare a scrivere un diario: in cui riversava il suo dolore, le sue esperienze e le sue emozioni più profonde.
Ogni verso presente nel diario è rivolto ad un futuro lettore che deve ancora venire al mondo e comprende alcune poesie scritte durante la giovinezza. Il diario dura un periodo compreso dal 1885 al 1888. Nel gennaio del 1889, in occasione del suicidio del figlio Rodolfo, Sissi decise di porre fine alla stesura dei suoi scritti.
L'imperatrice affidò i suoi scritti in una cassetta alla sua amica e dama di compagnia Ida Ferenczy in modo tale che li conservasse lontana dalla sua temuta perseguizione da parte della corte viennese e arrivassero alle anime del futuro. Secondo il piano strategico di Sissi: Ida avrebbe dovuto consegnare dopo la morte della donna a suo fratello Carlo Teodoro, questi, a sua volta dopo sessant'anni avrebbe dovuti consegnarli al Presidente della Confederazione Elvetica.
Nel 1951 Ludwin di Baviera, nipote di Sissi e figlio di Carlo Teodoro, li consegnò alla Confederazione, ma le copie dei suoi scritti, affidate ai suoi conoscenti, comparvero soltanto in parte. Le opere poetiche più importanti di Elisabetta sono raccolte in due volumi intitolati: Canti del Mare del Nord" e "Canti d'Inverno" e "1888 Poesie varie".
Nella cassetta di Elisabetta, oltre alle opere sopra citate, vi è una lettera indirizzata alla cosidetta anima del fututo che avrebbe stampato le sue poesie. Eccola, riportata:

Cara anima del futuro!
Ti affido questi scritti. Il grande maestro che li ha ispirati mi ha suggerito anche cosa farne: potranno essere pubblicati solo quando saranno trascorsi sessant'anni a partire dal 1890 ed i proventi dovranno essere impiegati per aiutare i perseguitati politici e i loro familiari bisognosi.
Anche fra sessant'anni, la felicità e la pace ovvero la libertà continueranno infatti a non essere di casa su questo nostro piccolo pianeta così come non lo sono state ai miei tempi. Forse lo saranno un giorno in un mondo diverso. Oggi non sono in grado di dirlo, forse però quando leggerai queste righe…
Un saluto di cuore. Ti sento vicino,
Titania
P.S.: scritta nel 1890, in piena estate, sul treno speciale che fischia e corre veloce

Sissi sceglie di firmarsi con il nome di Titania perché amava il dramma shakespeariano di "Sogno di una notte di mezza estate", in cui la protagonista è Titania la regina delle fate.
Gli scritti di Elisabetta, nonostante il suo volere, furono pubblicati soltanto nel 1980 grazie alla scrittrice Brigitte Hamann che abbe il permesso di pubblicarli.
La poesia dell'imperatrice non ha un grande valore artistico, poiché i suoi versi sono una copia di quelli di Heinrich Heine, ma rivestono un grande interesse storico perché ritraggono il vero carattere di una donna che non voleva essere imperatrice, ma semplicemente donna.

Componimenti vari...

Al popolo

Cari popoli miei, che vivete nel grande regno
Nell’intimo del mio cuore vi ammiro
Poiché nutrite, ingenuamente,
col vostro sangue e il vostro sudore
Questa razza degenerata.

L'aquila e il Gabbiano

Aquila, a te lassù sulle montagne
Manda il gabbiano del mare
Un saluto dall'onda spumosa
Verso le nevi eterne.

Una volta ci siamo incontrati
Secoli e secoli fa
Sullo specchio del lago più bello,
Al tempo che fiorivano le rose.

Silenziosi volammo l'uno accanto all'altro
Immersi nella quiete più profonda
Soltanto un negro cantava al tempo stesso
Sulla piccola barca le sue canzoni.

La poesia fu lasciata così da Elisabetta nel 1885 e suo cugino Ludwin, re di Baviera, le rispose con questi versi:

Al nido dell'aquila, dalla remota spiaggia,
E' arrivato il saluto del gabbiano,
Portando con lieve battito d'ali
Il ricordo dei tempi lontani,
Quando insieme visitavano le rive
Immerse nel profumo delle rose,
E in un arco superbo, salutando,
Si passavano accanto.

Verso la cima del monte l'Aquila fa ritorno
E il gabbiano della spiaggia del Nord ringrazia
Inviando con il fruscio delle sue ali
Un gioioso saluto sullo specchio del mare.

Tratti dai Canti del mare del Nord:

Titania

Stanchissima Titania vagando va nel parco,
pensosa le trecce si scioglie
e compone strofe nuove ripensando ai vecchi tempi,
quando lei qui indugiava ad attendere l’amato
che a raggiungerla si affrettava al chiarore della luna –
“Su questa panchina a lungo sedevamo abbracciati,
mentre dal parterre si udivan suoni e canti;
là partivano razzi, si accendevano fuochi del bengala,
qui filtrava appena l’argento della luna piena attraverso la volta di foglie dei castani
E ci scambiavamo baci ardenti, come la più tiepida notte di luna,
mai pensando al mattino che tutto rende grigio e ahimé!, più freddo”.
Questi i malinconici ricordi di Titania durante le sue passeggiate serali.
È rimasto solo il grigio e da tempo è muto il canto!

Elisabetta d’Austria

Congedo da Zandvoort

Ancora un ultimo,lungo sguardo
a te, amato mare!
Poi addio, per difficile che sia,
Dio conceda di tornare!

Per congedarmi ho scelto
la quiete di una notte di luna –
innanzi a me – o splendida visione –
argenteo tu rifulgi.

Quando domani oltre le dune
tu dai raggi del sole sarai sfiorato
io con veloce colpo d’ala
lontana già sarò.

Volteggeranno ancora su di te
a stormi candidi i gabbiani;
ma uno mancherà, te ne accorgerai?

Elisabetta d'Austria

Tratti dai Canti d'Inverno:

Sogno nella valle incantata

Stanotte go sognato che eri morto;
e addolorato in sogno il mio cuore era commosso.
E se fossi stata io a rovinare un giorno la tua vita?
Mi chiedevo rimproverandomi ed eccitata.

Ti vedevo disteso muto con pallore cadaverico,
venivo presa da un indicibile dolore;
disperata cercavo nei tuoi tratti
l’amore che per sempre si era spento.

Svegliatami a quel punto ho riflettuto a lungo,
se fosse stato un sogno o la realtà;
nel cuore si contorceva anche la serpe del rimorso
e la mia anima era piena di amarezza.
E invece no! Tu vivi, tu potresti ancora perdonare
e forse anche ridarmi un posto nel tuo cuore –
questo appunto è ciò che così misera mi rende:
rigido è il mio cuore e morto per questa felicità.

Elisabetta d’Austria

Alle anime del futuro

Solitaria vago in questo mondo,
alla gioia, alla vita da tempo ho voltato le spalle;
con nessuno condivido la mia vita,
mai vi fu alcuno che mi abbia capito.

Certo, negli anni di entusiasmo in gioventù
intrecciavo corone su qualche bel capo;
ma ahimè, ora che il tempo le ha sfrondate,
mi accorgo che di spirito e di anima eran privi!

Sono circondata da parenti,
ma soltanto al corpo e al sangue son vicini;
dieci volte è sprangata la mia interiorità
e ben chiuso è ogni accesso.

Veloce mi muovevo un tempo senza sosta,
anguste erano per me anche le distese della puszta,
il mare mi chiamava e con i miei desideri
giungevo sino ai verdi lidi di Erin.

Stavo quasi per perdere l’anima,
era una corsa senza pace e senza posa,
un altro spirito l’aveva prescelta,
da questo per sempre fu avvinta.

Il cavallo, il gioiello a me più caro,
dai celesti venne sostituito,
al suo posto apparve il destriero alato
e inebriata la mia anima ha volato.

Dal mondo son fuggita e dai suoi piaceri,
oggi gli uomini mi sono distanti;
la loro felicità e i loro dolori mi sono estranei;

Mi addolorava un tempo quel che mi è caro oggi,
lo star sola si è mutato in paradiso;
più libero può aprire le ali il mio spirito
estraneo mi è oggi ogni essere terreno!

Più stretto e più intimo è l’abbraccio ora
del mio spirito all’anima del maestro,
quando cerco di volare verso l’alta meta
indicata dal poeta amato.

Mi ha rapito con l’intento
di guidarmi nella natura eterna;
i suoi misteri egli mi indica
e senza posa seguo ora le sue tracce.

E la mia anima è così piena da scoppiare
non le basta il silenzioso meditare,
quel che la agita, deve mutarsi in versi,
li affido ora a questo diario.

Si conserveranno per generazioni
al sicuro da chi adesso non li può capire;
anni pieni di vicissitudini ci vorranno,
soltanto dopo, questi canti fioriranno.

Oh, possano raggiunger poi la meta del maestro,
essere un conforto al lamento e al vostro pianto
per chi lottando per la libertà è morto
e sul cui capo splende la corona del martirio!

O cari che vivete in tempi lontani a venire
e ai quali oggi parla l’anima mia,
spesso sarà in vostra compagnia:
rivivrà quando avrete letto una poesia.

Elisabetta D'Austria